Testo: Lorenza Gentile, la scrittrice
Foto e commenti: Bianca Rizzi, l’architetta
Sono nata sotto il segno del Toro, ascendente Cancro. Questo dovrebbe in parte spiegare perché sono così legata alla casa, al concetto di casa in generale e a casa mia. Un piccolo universo che mi rispecchia o meglio che cerco di creare ogni giorno in modo da potermici rispecchiare. Un continuo tendere a qualcosa che in realtà ho dentro.
Mi piace circondarmi di oggetti, alcuni me li porto dietro da anni, mi hanno seguito di trasloco in trasloco, di città in città, altri li ho appena trovati, comprati, me li hanno regalati. Se sono fuori dagli armadi è perchè significano qualcosa. Mi raccontano una storia, hanno un impatto visivo, mi ispirano, mi fanno sentire, appunto, a casa. Sicura, mai sola. Amo gli oggetti colorati, con gli angoli smussati. Amo le cose fatte a mano perché sono imperfette e quindi uniche.
Il colore riflette come mi sento. Il colore mi rispecchia, nel colore mi specchio. Ha perfino un effetto consolatorio su di me, è un anti-depressivo naturale.
La casa è doppiamente importante per me perché ci lavoro. Non potrei vivere, né creare nel rigore. Non potrei farlo circondata dal neutro. Ho bisogno di errori, piccole imperfezioni, un po’ di confusione e di colori. Di vita.
Chiunque entri in casa mia incrina un equilibrio, per questo sono capace di agitarmi o saltar su per un nonnulla, in un attimo posso sentire un senso di intrusione. D’altra parte amo le persone e amo ospitare, voglio condividere questa mia parte più profonda, il riflesso di chi sono: la mia casa. Sentitevi importanti, dunque, se vi invito da me. Sentitevi importanti nel leggere questo articolo, perché vi sto aprendo la porta di un mondo che spesso vorrei fosse solo mio.
Abito con Davide, mio marito. Siamo il bianco e il nero in molte cose: se io non sto mai zitta, lui parla pochissimo, ha uno sguardo riflessivo, sembra altrove, ma ti sorprende con osservazioni sempre ferrate, mentre io faccio gaffes a non finire. Mi definisco un po’ barocca, lui è un minimalista: non ama gli oggetti, vorrebbe una casa vuota, dalle linee pulite e senza tutte le cianfrusaglie che piacciono a me. Vorrebbe preservare una certa visione monacale della casa, che deve sempre rimanere un luogo di partenza e non di arrivo.
Ma condividiamo un amore profondo per la nostra casa, verso la quale entrambi abbiamo molta cura. Non ci viviamo soltanto, spesso ci lavoriamo, perché abbiamo in comune una missione di vita, una passione, che per entrambi è anche una professione: scrivere romanzi. Neanche a dirlo, ci siamo conosciuti in una libreria. Ma questa è un’altra storia...
In questa casa ci siamo trasferiti tre anni fa, dopo un anno di convivenza nell’appartamento che aveva preso in affitto Davide. Minuscolo, ma romantico. Ci tiene sempre a precisare che aveva un gran bel terrazzo. Il terrazzo a Milano è prezioso, nessuno può negarlo, ma non è tutto. All’ennesima volta in cui ho dovuto gattonare sotto lo stendino per accedere alla camera da letto ho capito che era finito il tempo massimo. Dopo la fase ‘due cuori e una capanna’ siamo approdati in una casa vera. Questa.
“Con questo portaombrelli ci sono cresciuta, ci ha seguito in tutte le case dove la mia famiglia si è trasferita dalla mia infanzia fino a quando sono partita per l’università. È fratello di quello che mia nonna ha sempre avuto fuori dalla porta. Se chiudo gli occhi sento ancora l’odore di quel pianerottolo invaso di luce. Il nostro era passato in eredità a mia madre da Viggo, il nonno danese che ha tanto amato. La madre di Viggo, bisnonna di mia madre, era una nobildonna danese finita nelle mani delle SS per aver nascosto molti ebrei durante la guerra. È un’eroina di famiglia. Quando mia madre ha proposto di passarmi questo portaombrelli, appartenuto a loro, ero senza parole. È un simbolo di continuità con il mio passato e poi lo amo per com’è, giocoso e colorato, con un significato che per me è molto importante: il viaggio. E il sentirsi leggeri”.
“Arrivata sotto casa di Lorenza la prima volta mi viene subito un dubbio: sono nel posto giusto? Il condominio sembra una sorta di casba all’italiana. Sul citofono compaiono una miriade di nomi, divisi in diverse scale. Ci ho messo qualche minuto a trovare quello giusto, ma c’era. Ho suonato. Il cancello si è aperto su un lungo cortile con circa duecento finestre (quattrocento occhi?). “Quanta vita!” ho detto. “Quante storie!”. “Quanta roba, eh!” avrebbe detto lei dopo”.
Dopo aver attraversato il cortile, sali le scale strette, passando davanti una miriade di porte chiuse. Entrare qui dentro è un po’ come scoprire un’oasi nel deserto. Solo che non è un miraggio.
Idealmente cercavamo una casa dal sapore più antico e caratteristico, con il parquet consumato, le porte finestre e la facciata ricoperta di glicine, magari. Ma appena entrati in questa è stato immediato immaginarci di vivere qui. Sarà stato per via della luce e del silenzio. Gli spazi erano ben tagliati, non si perdeva un centimetro. E poi c’erano ben due cabine armadio (un sogno che si realizzava!). L’appartamento era stato recentemente ristrutturato, ma non in modo impersonale. I proprietari l’avevano pensata per loro, anche se poi erano stati costretti a trasferirsi, e questo faceva tutta la differenza. Niente era stato dato per scontato.
Alcuni elementi della ristrutturazione sono di recupero e questo ci è piaciuto subito perché rimandava alla nostra idea iniziale: i termosifoni sono stati trovati in una vecchia villa di Torino, nel nostro bagno è stato installato un lavabo antico. Anche se non conosciamo le storie dietro a questi oggetti ci piace averli “ereditati” e immaginare un passato diverso ogni volta. Gli oggetti vissuti controbilanciano lo stile moderno del resto. Abbiamo cercato di fare lo stesso con l’arredamento. Il risultato è un compromesso che alla fine per noi funziona...
“Appena entrata in salotto, oltre al grande divano azzurro che sembra chiamarti per un lungo abbraccio, ho notato subito la parete/armadio di legno intarsiato. Uno degli elementi più importanti della casa”
All’inizio la parete intarsiata non mi convinceva del tutto. Abbiamo pensato di coprire il disegno, ma ogni artigiano a cui ci siamo rivolti ci chiedeva se fossimo pazzi. Avrebbe comportato una spesa enorme e poi era un peccato, dicevano, era di ottima qualità e davvero particolare. Col tempo ho imparato ad amarla e ora, se anche mi pagassero per coprirla, ci penserei due volte. Immagino che questo dimostri quanto le situazioni cambino e si evolvano in relazione all’evolversi dei nostri gusti. Mai esprimere un’opinione a voce troppo alta!
La parete è anche un enorme armadio che divide la zona notte dalla zona giorno. Risolve il problema degli armadi nello studio e nell’anticamera e racchiude anche un piccolo ripostiglio per aspirapolvere e asse da stiro. Comodissimo! Ogni nuovo ospite deve sorbirsi vita morte e miracoli di questa soluzione pratica. Passa il tempo e non smettiamo mai di trovarla utile.
Avevamo tantissimi libri quando ci siamo trasferiti e continuiamo ad accumularli. È compulsivo. Abbiamo scelto una libreria modulare, così da aver modo di espanderla in futuro, bianca e molto sottile perché lasci spazio a loro. I libri hanno una personalità, si portano dentro un sacco di storie: le loro e le nostre di quando li abbiamo letti, riletti o ne abbiamo discusso. Ultimamente li usiamo anche per rialzare le piante da terra. Ci sembra giusto dargli un compito, come se fossero amici. Per noi lo sono. Dentro c’è un’infinita saggezza a cui possiamo attingere quando vogliamo e questo è rincuorante. Ci indicano la strada, spingendoci sempre un po’ più in là nel nostro lavoro.
Gli oggetti tra i libri, sugli scaffali, sono regali. Amici tra amici. Sono utili per dividere i libri tra loro ( li cataloghiamo per casa editrice, deformazione professionale) e ci fanno compagnia. Così non ci sentiamo mai soli qua dentro!
Il salotto è l’ambiente che viviamo di più in assoluto: essendo la casa anche il nostro ufficio, scriviamo sul tavolo da pranzo, uno davanti all’altra, cercando di non darci fastidio. Il problema principale è la musica: Davide scriverebbe con la colonna sonora, mentre a me serve il silenzio assoluto. Il compromesso? Dipende dalla giornata. A volte si mette le cuffie, altre mi sorbisco i suoi brani cercando di rimanere zen, oppure, un'opzione sempre valida è la musica classica.
La scelta del tavolo è stata combattuta, nonostante ora sia uno dei nostri oggetti preferiti. Inizialmente io volevo un tavolo di legno “vissuto”, per scaldare l’atmosfera, ma non riuscivamo a trovarne uno che ci convincesse, che avesse carattere. Fino a quando a Davide non è venuta un’idea: se avessimo optato per un tavolo bianco come quello che ho sempre avuto in casa durante l’infanzia? Sarebbe stato bene nel contesto e il bianco avrebbe aiutato a non renderlo ingombrante visivamente, pur essendo molto grande. Il legame affettivo ha fatto pendere l’ago della bilancia. E adesso è uno dei nostri più importanti compagni di avventure. “La mia oasi” come dice Davide.
“Abbiamo comprato questa lampada Arco durante una gita fuori porta, in un piccolo negozio di luci sulla strada principale di una cittadina. Siamo entrati attratti dalla lampada (io la desideravo da anni) e la proprietaria del negozio ha riconosciuto Davide, era una sua lettrice! È davvero difficile che gli scrittori vengano riconosciuti per strada. È stato un momento simpatico e lei ci è piaciuta subito. La lampada è una buona imitazione, non quella originale. Non aveva nessun senso prenderla laggiù così su due piedi, soprattutto considerando che ancora non avevamo fatto neanche il rogito, ma l’abbiamo comprata lo stesso. Ci è stata spedita mesi dopo. È stata la prima cosa che abbiamo comprato e l’ultima ad arrivare. Montarla non è stato affatto uno scherzo: la base era pesantissima e decidere come procedere ci è costato un bel litigio. Abbiamo rotto perfino il filo che abbiamo dovuto aggiustare con lo scotch. In più, nel frattempo ci era stata regalata un’altra lampada da mettere sul tavolo, siamo quindi stati costretti a posizionare la Arco dietro il divano. Fa luce a occhio di bue: non l’ideale per la lettura. Eppure ogni volta che l’accendiamo ci fa pensare a quel giorno e a quella signora, al fatto che anche gli scrittori ogni tanto possano essere riconosciuti per strada e alla piccola impresa che è stata farla arrivare fino a noi. È una presenza che ci ricorda quanto, nonostante tutto, le scelte a volte sia bello farle di pancia, a prescindere dalle conseguenze”.
“Il mix di pattern diversi in cucina funziona bene grazie al bianco intorno e la scelta delle cementine la approvo sempre”.
La cucina non è grande, ma delle dimensioni giuste per noi che non cuciniamo quasi mai. Storage a scomparsa perfetto per i disordinati e un’anta che nasconde una delle meraviglie della casa…
Un po’ come nelle Cronache di Narnia. Non entri in un mondo fantastico, ma in un mondo molto utile, che in fin dei conti di questi tempi, chiusi come siamo in piccoli appartamenti, è quasi preferibile.
“Amo moltissimo i quadri alle pareti! Danno un’anima a tutta la casa, sembrano finestre in cui ognuno vede un paesaggio diverso. Comunicano emozioni differenti a ogni sguardo”
Le tele sono opera dei miei genitori. Se sono agitata mi tuffo in quelli rosa e azzurro di mio padre, in salotto, per calmarmi. Se ho bisogno di concentrazione fisso le geometrie delle tele ricamate con il rame, lavori di mia madre. È un modo per sentirli sempre vicini. Sono come squarci nelle pareti, sostiene Davide, danno profondità, un’ulteriore dimensione, ci passi attraverso con la mente. Sono stati i primi oggetti a entrare in questa casa e hanno dettato un po’ tutte le altre scelte. Le sfumature di blu hanno finito per essere predominanti, è successo in modo naturale, forse dicono qualcosa del nostro bisogno di concentrazione e tranquillità a casa.
Il criterio di scelta per gli oggetti della casa è bivalente: devono avere una personalità e devono essere UTILI. Quest’ultimo parametro, introdotto da Davide, è stato fondamentale per mettere dei paletti e cercare di mantenere un po’ di spazio vuoto. Per fortuna ci sono delle zone ombra nella sua logica, perché tutto può diventare utile prima o poi, no? Con i vasi, come con i libri, mi è sfuggita un po’ la mano…
“Nessuno sembra mai della misura giusta, così abbiamo finito per collezionarli. Ci piacciono colorati e con forme particolari. Alla collezione si è aggiunto da poco un vaso di vetro bianco e nero, firmato da un artista di Murano, regalo di matrimonio dei miei genitori. Le nicchie della casa sembrano fatte apposta per ospitarli. Insieme ai libri”.
“Le bacheche di sughero fungono da ricettacoli per tutte le nostre storie, viaggi, le opere d’arte che abbiamo visto o vorremmo vedere, posti dove siamo stati o vorremmo andare, messaggi, bigliettini, immagini religiose. È un modo per condividere un universo. Sono dei talismani in continuo mutamento, ci ricordano chi siamo stati, chi siamo e chi vorremmo essere”.
È una casa, questa, in cui abbiamo trovato la nostra dimensione. Certo, a volte sentiamo la mancanza del vecchio terrazzo, di un po’ di vista per lasciare libero lo sguardo. Ci dobbiamo accontentare del balconcino. Anche se amiamo la facciata di fronte, non è come dominare i tetti di Milano! La vita è fatta di compromessi, d’altra parte, e questa per noi è l’unica vera pecca di questa casa.
Alla fine, la mancanza del terrazzo ci costringe a uscire, di tanto in tanto… e anche questo ha i suoi vantaggi :)
Oltre a un contenitore, un armadio può essere molto di più. Un elemento estetico, un divisorio, uno sgabuzzino… Non mettiamo limiti alla fantasia!
Ci è piaciuta da subito l'dea di personalizzare un semplice armadietto ikea con magneti carini, frasi interessanti e biglietti! In più, l’armadietto è utile per far sparire tutto ciò che riguarda il lavoro se avete una “postazione mobile”.
Ecco come poter tenere sempre sotto gli occhi i ricordi di viaggio, le cartoline, le opere d’arte che vi colpiscono, i biglietti d’amore e, perché no, le liste della spesa o il numero dell’idraulico. Meno romantico, ma sempre utile.
CREA ATMOSFERA CON IL COLORE
Non sono del tutto soddisfatta della camera da letto, la sento un po’ spoglia.
Perché non dare un po’ di colore alla parete della testata del letto? Visto che non vogliamo riempire la stanza di quadri, il colore potrebbe aiutare. Creerebbe uno spazio più intimo, meno spoglio. Bianca propone una elle a mezza altezza.
LA DOPPIA VITA DELLA CREDENZA
Davide si lamenta della difficoltà di organizzare le cose in cucina e io del poco spazio in sala per mettere via i nostri attrezzi del mestiere quando ci sono ospiti.
Perché non pensare, propone Bianca, a una scaffalatura in legno di recupero o una credenza antica contro la parete di vetro che divide il salotto dalla cucina, al posto del mobiletto basso? Offrirebbe uno spazio dove tenere le stoviglie per i pasti e, perché no, anche i computer. Un elemento più vissuto in salotto creerebbe un bel contrasto con i mobili minimal, scaldando un po’ l’atmosfera.
I COSMETICI TI RENDONO BELLA, MA NON SONO POI COSì BELLI...
Lorenza ritiene che le cose in vista nel loro bagno non siano un granché, come nasconderle?
Un mobiletto in legno adattato sotto al lavello del bagno en suite: nasconderebbe il sifone, creerebbe spazio per i prodotti di bellezza che non vuoi lasciare in vista.
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Testo: Lorenza Gentile, la scrittrice
Foto e commenti: Bianca Rizzi, l’architetta
Sono nata sotto il segno del Toro, ascendente Cancro. Questo dovrebbe in parte spiegare perché sono così legata alla casa, al concetto di casa in generale e a casa mia. Un piccolo universo che mi rispecchia o meglio che cerco di creare ogni giorno in modo da potermici rispecchiare. Un continuo tendere a qualcosa che in realtà ho dentro.
Mi piace circondarmi di oggetti, alcuni me li porto dietro da anni, mi hanno seguito di trasloco in trasloco, di città in città, altri li ho appena trovati, comprati, me li hanno regalati. Se sono fuori dagli armadi è perchè significano qualcosa. Mi raccontano una storia, hanno un impatto visivo, mi ispirano, mi fanno sentire, appunto, a casa. Sicura, mai sola. Amo gli oggetti colorati, con gli angoli smussati. Amo le cose fatte a mano perché sono imperfette e quindi uniche.
Il colore riflette come mi sento. Il colore mi rispecchia, nel colore mi specchio. Ha perfino un effetto consolatorio su di me, è un anti-depressivo naturale.
La casa è doppiamente importante per me perché ci lavoro. Non potrei vivere, né creare nel rigore. Non potrei farlo circondata dal neutro. Ho bisogno di errori, piccole imperfezioni, un po’ di confusione e di colori. Di vita.
Chiunque entri in casa mia incrina un equilibrio, per questo sono capace di agitarmi o saltar su per un nonnulla, in un attimo posso sentire un senso di intrusione. D’altra parte amo le persone e amo ospitare, voglio condividere questa mia parte più profonda, il riflesso di chi sono: la mia casa. Sentitevi importanti, dunque, se vi invito da me. Sentitevi importanti nel leggere questo articolo, perché vi sto aprendo la porta di un mondo che spesso vorrei fosse solo mio.
Abito con Davide, mio marito. Siamo il bianco e il nero in molte cose: se io non sto mai zitta, lui parla pochissimo, ha uno sguardo riflessivo, sembra altrove, ma ti sorprende con osservazioni sempre ferrate, mentre io faccio gaffes a non finire. Mi definisco un po’ barocca, lui è un minimalista: non ama gli oggetti, vorrebbe una casa vuota, dalle linee pulite e senza tutte le cianfrusaglie che piacciono a me. Vorrebbe preservare una certa visione monacale della casa, che deve sempre rimanere un luogo di partenza e non di arrivo.
Ma condividiamo un amore profondo per la nostra casa, verso la quale entrambi abbiamo molta cura. Non ci viviamo soltanto, spesso ci lavoriamo, perché abbiamo in comune una missione di vita, una passione, che per entrambi è anche una professione: scrivere romanzi. Neanche a dirlo, ci siamo conosciuti in una libreria. Ma questa è un’altra storia...
In questa casa ci siamo trasferiti tre anni fa, dopo un anno di convivenza nell’appartamento che aveva preso in affitto Davide. Minuscolo, ma romantico. Ci tiene sempre a precisare che aveva un gran bel terrazzo. Il terrazzo a Milano è prezioso, nessuno può negarlo, ma non è tutto. All’ennesima volta in cui ho dovuto gattonare sotto lo stendino per accedere alla camera da letto ho capito che era finito il tempo massimo. Dopo la fase ‘due cuori e una capanna’ siamo approdati in una casa vera. Questa.
“Con questo portaombrelli ci sono cresciuta, ci ha seguito in tutte le case dove la mia famiglia si è trasferita dalla mia infanzia fino a quando sono partita per l’università. È fratello di quello che mia nonna ha sempre avuto fuori dalla porta. Se chiudo gli occhi sento ancora l’odore di quel pianerottolo invaso di luce. Il nostro era passato in eredità a mia madre da Viggo, il nonno danese che ha tanto amato. La madre di Viggo, bisnonna di mia madre, era una nobildonna danese finita nelle mani delle SS per aver nascosto molti ebrei durante la guerra. È un’eroina di famiglia. Quando mia madre ha proposto di passarmi questo portaombrelli, appartenuto a loro, ero senza parole. È un simbolo di continuità con il mio passato e poi lo amo per com’è, giocoso e colorato, con un significato che per me è molto importante: il viaggio. E il sentirsi leggeri”.
“Arrivata sotto casa di Lorenza la prima volta mi viene subito un dubbio: sono nel posto giusto? Il condominio sembra una sorta di casba all’italiana. Sul citofono compaiono una miriade di nomi, divisi in diverse scale. Ci ho messo qualche minuto a trovare quello giusto, ma c’era. Ho suonato. Il cancello si è aperto su un lungo cortile con circa duecento finestre (quattrocento occhi?). “Quanta vita!” ho detto. “Quante storie!”. “Quanta roba, eh!” avrebbe detto lei dopo”.
Dopo aver attraversato il cortile, sali le scale strette, passando davanti una miriade di porte chiuse. Entrare qui dentro è un po’ come scoprire un’oasi nel deserto. Solo che non è un miraggio.
Idealmente cercavamo una casa dal sapore più antico e caratteristico, con il parquet consumato, le porte finestre e la facciata ricoperta di glicine, magari. Ma appena entrati in questa è stato immediato immaginarci di vivere qui. Sarà stato per via della luce e del silenzio. Gli spazi erano ben tagliati, non si perdeva un centimetro. E poi c’erano ben due cabine armadio (un sogno che si realizzava!). L’appartamento era stato recentemente ristrutturato, ma non in modo impersonale. I proprietari l’avevano pensata per loro, anche se poi erano stati costretti a trasferirsi, e questo faceva tutta la differenza. Niente era stato dato per scontato.
Alcuni elementi della ristrutturazione sono di recupero e questo ci è piaciuto subito perché rimandava alla nostra idea iniziale: i termosifoni sono stati trovati in una vecchia villa di Torino, nel nostro bagno è stato installato un lavabo antico. Anche se non conosciamo le storie dietro a questi oggetti ci piace averli “ereditati” e immaginare un passato diverso ogni volta. Gli oggetti vissuti controbilanciano lo stile moderno del resto. Abbiamo cercato di fare lo stesso con l’arredamento. Il risultato è un compromesso che alla fine per noi funziona...
“Appena entrata in salotto, oltre al grande divano azzurro che sembra chiamarti per un lungo abbraccio, ho notato subito la parete/armadio di legno intarsiato. Uno degli elementi più importanti della casa”
All’inizio la parete intarsiata non mi convinceva del tutto. Abbiamo pensato di coprire il disegno, ma ogni artigiano a cui ci siamo rivolti ci chiedeva se fossimo pazzi. Avrebbe comportato una spesa enorme e poi era un peccato, dicevano, era di ottima qualità e davvero particolare. Col tempo ho imparato ad amarla e ora, se anche mi pagassero per coprirla, ci penserei due volte. Immagino che questo dimostri quanto le situazioni cambino e si evolvano in relazione all’evolversi dei nostri gusti. Mai esprimere un’opinione a voce troppo alta!
La parete è anche un enorme armadio che divide la zona notte dalla zona giorno. Risolve il problema degli armadi nello studio e nell’anticamera e racchiude anche un piccolo ripostiglio per aspirapolvere e asse da stiro. Comodissimo! Ogni nuovo ospite deve sorbirsi vita morte e miracoli di questa soluzione pratica. Passa il tempo e non smettiamo mai di trovarla utile.
Avevamo tantissimi libri quando ci siamo trasferiti e continuiamo ad accumularli. È compulsivo. Abbiamo scelto una libreria modulare, così da aver modo di espanderla in futuro, bianca e molto sottile perché lasci spazio a loro. I libri hanno una personalità, si portano dentro un sacco di storie: le loro e le nostre di quando li abbiamo letti, riletti o ne abbiamo discusso. Ultimamente li usiamo anche per rialzare le piante da terra. Ci sembra giusto dargli un compito, come se fossero amici. Per noi lo sono. Dentro c’è un’infinita saggezza a cui possiamo attingere quando vogliamo e questo è rincuorante. Ci indicano la strada, spingendoci sempre un po’ più in là nel nostro lavoro.
Gli oggetti tra i libri, sugli scaffali, sono regali. Amici tra amici. Sono utili per dividere i libri tra loro ( li cataloghiamo per casa editrice, deformazione professionale) e ci fanno compagnia. Così non ci sentiamo mai soli qua dentro!
Il salotto è l’ambiente che viviamo di più in assoluto: essendo la casa anche il nostro ufficio, scriviamo sul tavolo da pranzo, uno davanti all’altra, cercando di non darci fastidio. Il problema principale è la musica: Davide scriverebbe con la colonna sonora, mentre a me serve il silenzio assoluto. Il compromesso? Dipende dalla giornata. A volte si mette le cuffie, altre mi sorbisco i suoi brani cercando di rimanere zen, oppure, un'opzione sempre valida è la musica classica.
La scelta del tavolo è stata combattuta, nonostante ora sia uno dei nostri oggetti preferiti. Inizialmente io volevo un tavolo di legno “vissuto”, per scaldare l’atmosfera, ma non riuscivamo a trovarne uno che ci convincesse, che avesse carattere. Fino a quando a Davide non è venuta un’idea: se avessimo optato per un tavolo bianco come quello che ho sempre avuto in casa durante l’infanzia? Sarebbe stato bene nel contesto e il bianco avrebbe aiutato a non renderlo ingombrante visivamente, pur essendo molto grande. Il legame affettivo ha fatto pendere l’ago della bilancia. E adesso è uno dei nostri più importanti compagni di avventure. “La mia oasi” come dice Davide.
“Abbiamo comprato questa lampada Arco durante una gita fuori porta, in un piccolo negozio di luci sulla strada principale di una cittadina. Siamo entrati attratti dalla lampada (io la desideravo da anni) e la proprietaria del negozio ha riconosciuto Davide, era una sua lettrice! È davvero difficile che gli scrittori vengano riconosciuti per strada. È stato un momento simpatico e lei ci è piaciuta subito. La lampada è una buona imitazione, non quella originale. Non aveva nessun senso prenderla laggiù così su due piedi, soprattutto considerando che ancora non avevamo fatto neanche il rogito, ma l’abbiamo comprata lo stesso. Ci è stata spedita mesi dopo. È stata la prima cosa che abbiamo comprato e l’ultima ad arrivare. Montarla non è stato affatto uno scherzo: la base era pesantissima e decidere come procedere ci è costato un bel litigio. Abbiamo rotto perfino il filo che abbiamo dovuto aggiustare con lo scotch. In più, nel frattempo ci era stata regalata un’altra lampada da mettere sul tavolo, siamo quindi stati costretti a posizionare la Arco dietro il divano. Fa luce a occhio di bue: non l’ideale per la lettura. Eppure ogni volta che l’accendiamo ci fa pensare a quel giorno e a quella signora, al fatto che anche gli scrittori ogni tanto possano essere riconosciuti per strada e alla piccola impresa che è stata farla arrivare fino a noi. È una presenza che ci ricorda quanto, nonostante tutto, le scelte a volte sia bello farle di pancia, a prescindere dalle conseguenze”.
“Il mix di pattern diversi in cucina funziona bene grazie al bianco intorno e la scelta delle cementine la approvo sempre”.
La cucina non è grande, ma delle dimensioni giuste per noi che non cuciniamo quasi mai. Storage a scomparsa perfetto per i disordinati e un’anta che nasconde una delle meraviglie della casa…
Un po’ come nelle Cronache di Narnia. Non entri in un mondo fantastico, ma in un mondo molto utile, che in fin dei conti di questi tempi, chiusi come siamo in piccoli appartamenti, è quasi preferibile.
“Amo moltissimo i quadri alle pareti! Danno un’anima a tutta la casa, sembrano finestre in cui ognuno vede un paesaggio diverso. Comunicano emozioni differenti a ogni sguardo”
Le tele sono opera dei miei genitori. Se sono agitata mi tuffo in quelli rosa e azzurro di mio padre, in salotto, per calmarmi. Se ho bisogno di concentrazione fisso le geometrie delle tele ricamate con il rame, lavori di mia madre. È un modo per sentirli sempre vicini. Sono come squarci nelle pareti, sostiene Davide, danno profondità, un’ulteriore dimensione, ci passi attraverso con la mente. Sono stati i primi oggetti a entrare in questa casa e hanno dettato un po’ tutte le altre scelte. Le sfumature di blu hanno finito per essere predominanti, è successo in modo naturale, forse dicono qualcosa del nostro bisogno di concentrazione e tranquillità a casa.
Il criterio di scelta per gli oggetti della casa è bivalente: devono avere una personalità e devono essere UTILI. Quest’ultimo parametro, introdotto da Davide, è stato fondamentale per mettere dei paletti e cercare di mantenere un po’ di spazio vuoto. Per fortuna ci sono delle zone ombra nella sua logica, perché tutto può diventare utile prima o poi, no? Con i vasi, come con i libri, mi è sfuggita un po’ la mano…
“Le bacheche di sughero fungono da ricettacoli per tutte le nostre storie, viaggi, le opere d’arte che abbiamo visto o vorremmo vedere, posti dove siamo stati o vorremmo andare, messaggi, bigliettini, immagini religiose. È un modo per condividere un universo. Sono dei talismani in continuo mutamento, ci ricordano chi siamo stati, chi siamo e chi vorremmo essere”.
È una casa, questa, in cui abbiamo trovato la nostra dimensione. Certo, a volte sentiamo la mancanza del vecchio terrazzo, di un po’ di vista per lasciare libero lo sguardo. Ci dobbiamo accontentare del balconcino. Anche se amiamo la facciata di fronte, non è come dominare i tetti di Milano! La vita è fatta di compromessi, d’altra parte, e questa per noi è l’unica vera pecca di questa casa.
Alla fine, la mancanza del terrazzo ci costringe a uscire, di tanto in tanto… e anche questo ha i suoi vantaggi :)
Cosa abbiamo imparato
Oltre a un contenitore, un armadio può essere molto di più. Un elemento estetico, un divisorio, uno sgabuzzino… Non mettiamo limiti alla fantasia!
Ci è piaciuta da subito l'dea di personalizzare un semplice armadietto ikea con magneti carini, frasi interessanti e biglietti! In più, l’armadietto è utile per far sparire tutto ciò che riguarda il lavoro se avete una “postazione mobile”.
Ecco come poter tenere sempre sotto gli occhi i ricordi di viaggio, le cartoline, le opere d’arte che vi colpiscono, i biglietti d’amore e, perché no, le liste della spesa o il numero dell’idraulico. Meno romantico, ma sempre utile.
Le nostre proposte
CREA ATMOSFERA CON IL COLORE
Non sono del tutto soddisfatta della camera da letto, la sento un po’ spoglia.
Perché non dare un po’ di colore alla parete della testata del letto? Visto che non vogliamo riempire la stanza di quadri, il colore potrebbe aiutare. Creerebbe uno spazio più intimo, meno spoglio. Bianca propone una elle a mezza altezza.
LA DOPPIA VITA DELLA CREDENZA
Davide si lamenta della difficoltà di organizzare le cose in cucina e io del poco spazio in sala per mettere via i nostri attrezzi del mestiere quando ci sono ospiti.
Perché non pensare, propone Bianca, a una scaffalatura in legno di recupero o una credenza antica contro la parete di vetro che divide il salotto dalla cucina, al posto del mobiletto basso? Offrirebbe uno spazio dove tenere le stoviglie per i pasti e, perché no, anche i computer. Un elemento più vissuto in salotto creerebbe un bel contrasto con i mobili minimal, scaldando un po’ l’atmosfera.
I COSMETICI TI RENDONO BELLA, MA NON SONO POI COSì BELLI...
Lorenza ritiene che le cose in vista nel loro bagno non siano un granché, come nasconderle?
Un mobiletto in legno adattato sotto al lavello del bagno en suite: nasconderebbe il sifone, creerebbe spazio per i prodotti di bellezza che non vuoi lasciare in vista.
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